Alla Scoperta del Pollino
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Il giorno delle cinque vette

8/7/2023

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"Domani, sarà il giorno delle 5 vette. 
Mi ero ripromesso di non farlo. Di andare ad intuito e non controllare ma alla fine, la curiosità è stata più forte di me. Non tanto la lunghezza quanto il dislivello fa un po' paura soprattutto per via delle mie ginocchia.
Vedremo quel che succederà. Ho deciso che manterrò un passo non veloce, ma la testa e la volontà più salda possibile
".
Pensieri di un escursionista del Pollino

Il giorno è arrivato. Chi si aspetta un racconto avventuroso e pieno di peripezie e gesta eroiche, può subito terminare qui la lettura perché qui non c'è nulla di tutto ciò. E' un semplice racconto di una giornata che sicuramente merita di essere ricordata meglio di quanto la mia memoria, senza le parole qui scritte, possa fare da sola.

Sveglia alle 4.50, rifinitura dello zaino, prima colazione veloce e partenza per il punto di incontro con il mio compagno d'avventura, Antonio De Marco (che ha scattato tra l'altro le foto che utilizzerò in questo resoconto). Prima di partire alla volta di Colle Impiso facciamo una seconda colazione, tanto per integrare zuccheri.
Arriviamo al parcheggio. Zaino in spalla; sono le 5.30 del mattino, con l'alba appena all'inizio. La temperatura è bassa, e dobbiamo subito abbigliarci nel modo giusto. Prendo anche la torcia che per il primo seppur breve tratto, sarà utile alla nostra progressione. All'imbocco del primo tratto di sentiero dico solo "In bocca al lupo"; dopodiché si parte per davvero.
La prima parte si fa subito sentire. Saliamo protetti dalla faggeta, ma nei primi pochi punti aperti, la cosa che inizia ad essere più fastidiosa è il forte vento che soffia da nord. Ciò non crea problemi nel bosco, dove possiamo anche prendere fiato per qualche secondo prima di ripartire, ma una volta nell'ultimo tratto di sentiero, praticamente sul crinale, mi è impossibile fermare il passo per evitare di raffreddarmi completamente. Quindi dopo aver deciso cosa tenere indosso e cosa no, e aver sistemato la torica, decido di procedere con continuità senza bloccarmi mai e controllare sempre alle mie spalle la progressione di Antonio. Per qualche attimo inizio a pensare che con quel vento il nostro obiettivo di giornata non sarà possibile; intanto però questa prima cima almeno, va raggiunta.
Alle 6.38 siamo sulla vetta di Serra del Prete e ai suoi 2.180 m, con la luce mattutina che ancora non ha raggiunto tutto il mondo che da lassù si vede. Il vento rimane forte, quindi ci diamo un bel cinque, scattiamo qualche foto e riprendiamo l'itinerario discendendo rapidi verso Piano Gaudolino. Ci riprendiamo velocemente dal freddo e per fortuna il vento inizia anche a smettere di accompagnarci.
Questo ci conforta, e quindi procediamo per la seconda meta.
La nuova risalita è più costante e soprattutto senza la presenza del vento. Ci godiamo man mano che saliamo la luce che cambia dentro la faggeta e arrivati alla dolina lo spettacolo che come sempre da lì si apre allo sguardo. Questa volta, con qualche pausa, e senza troppa fatica arriviamo su Monte Pollino e ai suoi 2.248 m alle 8.37 dove, al contrario di tutto il tratto poco prima dell'ultima dolina, il vento ricompare. Per fortuna possiamo sfruttare le pietre sistemate a riparo poco distanti dal pilone della cima. 
Recuperiamo un po' fermandoci una decina di minuti e mangiando uno snack. Effettuo un primo cambio maglia e dopodiché ripartiamo per la terza meta. L'umore inizia a cambiare definitivamente: le cime da raggiungere sono diventate quasi la metà, il passo viene mantenuto molto meglio, il vento non è assolutamente fastidioso come su Serra del Prete. Tre buoni motivi per decidere, senza pensarci troppo, di continuare. Discendiamo dalla cresta Est di Monte Pollino fino a raggiungere il Valico del Malvento, e parte così il mio terzo "In bocca al lupo" della giornata.
Alle 10.14 siamo sulla cima del Dolcedorme, 2.267 m, la cima più alta dell'Appennino meridionale e di tutto il Sud Italia; la terza della nostra giornata. Un altro bel cinque scatta all'arrivo di Antonio. Ora sono ancora più convinto di potercela fare. Le mie gambe stanno reggendo alla grande, almeno questa è la sensazione, e anche Antonio va senza problemi nonostante sia meno allenato di me. Qui facciamo un'altra pausa ristoro prima di riprendere la nostra marcia.
Foto
​Rimane solo un passaggio che mi impensierisce, non tanto per la difficoltà tecnica quanto per l'aspetto fisico e psicologico: la discesa dal Varco del Malvento fino ai Piani e la risalita quasi frontale subito successiva, fino alla base dei gradoni di Serra delle Ciavole. Al momento decido di non pensarci, la giornata sembra quella giusta. E infatti una volta giù eccoci risalire e incrociare il sentiero che risale alla sella tra la Cima Sud e la Cima Nord arrivando proprio alla metà tra le due. Ovviamente deviamo direttamente verso la Cima Nord, che dopo il suo bell'ultimo tratto tra rocce e loricati ci permette di giungere alla quarta cima: alle ore 12.47 siamo sulla cima di Serra delle Ciavole, 2.130 m. 

Qui su sorrido e osservo i rilievi di fronte a me pensando che, fino a qualche ora prima, ero proprio lì che passavo da uno all'altro chiedendomi se ce l'avrei fatta. Mentre mi guardo intorno facciamo un'altra quindicina di minuti di pausa, ma ormai c'è, forse presuntuosa, la consapevolezza di riuscire.

Indico l'ultima cima che rimane alla lista, e parte il quinto e ultimo "In bocca al lupo". Ripartiamo. In quest'ultimo tratto mi lascio prendere da un ritmo più serrato, per un misto di irrequietezza di concludere e voglia di festeggiare la riuscita del nostro sforzo. Superiamo la Piana di Pollino, salutiamo (e non potevamo non farlo) il Pino della Grande Porta e risaliamo Serretta della Porticella. Da lì la breve discesa prima della risalita fino alla cima di Serra Crispo, 2.053 m che raggiungiamo alle 14.05 terminando il tocco delle cinque cime. Una volta arrivato sorrido e scuoto il capo in attesa dell'arrivo di Antonio. Tocco la cima, e mi guardo e riguardo intorno prima di distendermi su una grande roccia piatta subito dietro l'omino della vetta e pensare a quello che abbiamo concluso per ora, tenendo sempre a mente il ritorno che rimane da fare. 

All'arrivo di Antonio festeggiamo, ma sono consapevole che la versa soddisfazione ci sarà poi alla macchina, e ogni volta che ripenserò alla giornata. Consumiamo il nostro pasto, meritato come non mai e dopo una buona mezz'ora di relax ci avviamo sulla strada del ritorno. Arrivato poco sopra i Gendarmi, guardando i crinali di tutte e cinque le cime mi chiedo tra me "Ma davvero ho fatto tutto il giro?". Sembra strano, sembra difficile, sembra complesso, ma per come percepisco il mio corpo sono in ottimo, ottimissimo stato. Prego le ginocchia di reggere fino al rientro, quasi più per scaramanzia che per altro. 
Arriviamo a Colle Impiso alle 16.30 in pratica 11 ore dopo la nostra partenza. Sto bene, sono stanco ma non ho dolori o acciacchi. Mi guardo con il mio compagno d'avventura, e ci complimentiamo di nuovo l'uno con l'altro, in realtà in parte ancora increduli. E' andata. Sto bene. Già penso a quello che potrei fare dopo. Poi mi fermo. Ora è il momento di pensare a quanto fatto e godersi la soddisfazione della giornata appena vissuta.

​Grazie Pollino, grazie ginocchia!
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Anello di Monte La Mula

10/2/2022

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Un'escursione in solitaria verso una delle cime del Massiccio dell'Orsomarso.

Un percorso tra radure e boschi immensi di faggio, per poter raggiungere uno dei pianori più affascinanti del Parco, il Campo, e poi la cima di Monte La Mula con il suo panorama unico che regala prima la vista sull'isola di Cirella e poi, una volta arrivati lì su, tutta la Catena del Pollino, fino all'altro mare, lo Ionio e il versante sud fino alla Sila.

Ho potuto ammirare il panorama intorno a me per diverso tempo, fino a convincermi ad iniziare la discesa. Superato quello che è indicato come circo glaciale, ho proseguito discendendo lungo il crinale percorrendo tratturi quasi scomparsi. Dopo gli ultimi campanacci delle vacche dietro di me il bosco mi ha avvolto nuovamente. Così fitto e così denso permette il passaggio di poca luce, e l'ambiente che si viene a creare è davvero fiabesco. 

Più avanti, superato Piano di Zazzera, un nome che è tutto un programma, ho incontrato dei faggi dalle forme contorte che meriterebbero un servizio fotografico molto migliore di quello che io gli ho dedicato in questi scatti.

Ho immaginato quel luogo con la nebbia, e con meno luce di quella della giornata che mi ha accompagnato, risultato: già in lista tra i luoghi in cui ritornare. Mi sono chiesto se anche questo sito non meriti la candidatura tra le faggete UNESCO. 

Ho proseguito con un doppio saliscendi fino a raggiungere le pendici di Cozzo del Pellegrino che davanti a me già inizia ad avere i toni che l'autunno porta in dono, ricollegandomi così al sentiero principale e tornando all'auto, conscio di aver concluso un'altra stupenda giornata. 
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I sentieri delle Valli

5/13/2021

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Due sopralluoghi a poca distanza tra loro, lungo itinerari che hanno come protagonisti assoluti due fiumi.

Due corsi d'acqua estremamente vicini in linea d'aria, che hanno però destinazioni praticamente opposte: il Fiume Argentino, affluente del Lao che sfocia nel Mar Tirreno; e il Fiume Esaro, tributario del Coscile, a sua volta affluente del Crati che sfocia invece nel Mar Ionio.

Opposte direzioni ma panorami e ambienti straordinari per entrambi. La Valle del Fiume Argentino è un territorio che regala suggestioni di natura integra ed estesa mista a ritrovamenti di moderna presenza dell'uomo, che nonostante sembri impossibile ha, nel tempo, sfruttato anche i rigogliosi e verdi boschi della valle perfino nei luoghi più impervi. La Valle dell'Esaro invece, fu passaggio prescelto per la definizione del primo tracciamento del Sentiero Italia che permette di immergersi tra rocce levigate dall'acqua, addentrandosi in un ambiente sempre più lontano dal mondo civile per raggiungere all'improvviso una località dove l'uomo resiste tenacemente ed è ancora presente coltivando piccoli lembi di terra.

In entrambi questi luoghi, quando si raggiunge circa la metà del percorso, si può percepire a pieno la vastità degli ambienti naturali che il Parco Nazionale del Pollino protegge. Totalmente isolati e fuori da ogni possibilità di comunicazione, una volta addentrati nei due percorsi, gli unici che possono ricevere i nostri "messaggi" saranno solo i nostri compagni di camminata.

Ed è solo con loro che in quel momento si può contemplare la bellezza estrema che pochi occhi hanno potuto raccogliere.

Valle dell'Argentino

Valle dell'Esaro

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Da Viggianello a Pedarreto

11/4/2020

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Un altro sopralluogo per poter scoprire nuovi luoghi e tracce antiche. 

Quello che dal centro storico di Viggianello conduce a Piano di Mauro prima, e a scelta permette di raggiungere Serra di Mauro, per poi arrivare a Piano Pedarreto, è un percorso indicato su diverse carte con il codice 910 e 910A. Tuttavia è bene fare molta attenzione perché seppur nel primissimo tratto (circa i primi 2,5 Km) si segue agevolmente, nel tratto seguente fino alla Cresta di Mauro, prima dell'omonimo Piano, è sviluppato in un fitto tratto di arbusti tra ginestre, biancospino, rovi, prugnoli e diverse piste tracciate da bovini e animali selvatici, con una carente manutenzione che ne ha compromesso la tranquilla percorrenza.

Anche per questo, la volontà è diventata quella di seguire un itinerario alternativo (questo totalmente non segnato) per raggiungere la cresta, e riprendere da lì la direzione verso la Serra di Mauro con i suoi 1.579 m di quota e il punto trigonometrico a riferimento dell'IGM. 
Oltre il panorama su tutta la Valle del Mercure, è interessante la prospettiva differente rispetto ad altri itinerari già percorsi in passato. 

Da Serra di Mauro discendere verso Piano Pedarreto è più semplice, e volendo si potrebbe proseguire in quota fino al Grattaculo, magari da fare per una prossima volta. Il sentiero 910A è quello che collegherebbe Serra di Mauro con il 910 che ufficialmente risale dal Piano di Mauro, e che noi volutamente abbiamo lasciato per poter seguire il percorso di cresta. Da lì, una volta incrociato facendo attenzione ad imboccare la giusta pista, si discende entrando in un bosco molto particolare, contraddistinto nella prima parte da un misto di quercia, carpino e faggio, per poi passare alla faggeta pura con un ambiente poco intaccato dall'uomo ma non dagli animali al pascolo.

Si supera il Fosso di Mauro, già in prossimità di Piano Pedarreto, e si prosegue facendo attenzione alle varie bandierine presenti, che conducono a superare tutto il pianoro per poter raggiungere il Rifugio Fasanelli da Nord-Est. 

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Passo dopo Passo - Proposta di itinerari II

6/26/2020

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Codice Sentiero 615 - Gole del Rosa

L'itinerario proposto è un percorso che si sviluppa lungo il Fiume Rosa. Con i suoi 19 Km è un affluente del Fiume Esaro, che a sua volta si getta nel più famoso Crati. Attraversa un'area naturalisticamente e storicamente molto interessante e ricca di biodiversità.
Parte da poche centinaia di metri più in basso rispetto al Santuario della Madonna del Pettoruto (543 m), fino a risalire le Gole del Rosa, arrivando al Varco del Palombaro (1.002 m), snodo molto importante del territorio.
Sconsiglio fortemente questo percorso però a chi non abbia un buon allenamento e una buona capacità di orientamento e di esperienza in montagna. Il percorso è praticamente privo di segnaletica, salvo qualche segnavia davvero rado per lo più nel tratto iniziale. Dunque valutate bene prima di procedere senza alcun ausilio di una guida.
E' sempre bene poi ricordare, che l'intero territorio attraversato, fa parte di un area protetta e si deve ridurre al minimo l'impatto alla fauna selvatica (tra le tante: evitiamo schiamazzi e di portare con noi il cane senza guinzaglio), e ai danni alla vegetazione (non strappiamo fiori e facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi). Rispettare questi luoghi è più che necessario.

Lasciata l'auto a poche centinaia di metri dopo l'arco votivo posto sotto il Santuario, in prossimità di una sterrata sulla destra, si può iniziare il percorso. 
Il primo tratto segue la larga strada costeggiando abbastanza lontano il corso del fiume Rosa, e rimanendo sotto le imponenti pareti di roccia che si presentano sul lato e di fronte a noi. Pian piano ci avviciniamo fino ad arrivare a guadare il fiume (se la corrente e il livello lo concedono), oppure facendo attenzione a destra vi è una pista che permette di raggiungere un ponticello in legno utile all'attraversamento e alla continuazione del percorso. 
Dopo quasi 1,5 Km in cui si rimane piuttosto alti rispetto al letto del fiume, si scende e si raggiunge il suo fianco in un'area finalmente fresca rispetto a questo primo tratto. 
Lo spettacolo del fiume qui, si ammira molto meglio e gli scatti da poter realizzare sono tanti. Si segue senza problemi la traccia del sentiero fino a quando, anche dopo qualche guado, superando l'ingresso da sinistra del Savuco nel corso principale del Rosa, l'acqua scompare interrandosi, creando una situazione davvero particolare: mentre fino a poco prima lo scorrere del torrente ci ha accompagnato con il suo suono, ora cade di colpo il silenzio e ci si ritrova a camminare sul letto del fiume, ammirando le pareti che lo delimitano e la sua vegetazione quasi preoccupati di disturbare con il nostro passaggio.
L'itinerario diventa da qui più complesso tecnicamente: passaggi su pietre di diverse dimensioni, attraversamenti da un lato all'altro per ritrovarsi sulla giusta sponda e qualche passaggio a volte esposto e a volte con una salita più marcata, richiedono maggiore attenzione. Ma lo sforzo viene ricompensato dalle meraviglie create sulle rocce dallo scorrere del fiume, oltre che da esemplari veramente interessanti di leccio. 
Continuando la salita, si raggiunge un tratto in cui la sponda destra del fiume ha subito un crollo, che porta a compiere uno zig-zag del sentiero, per poter risalire il versante e superarla dall'alto, giungendo, al termine di una curva a sinistra, in piena faggeta, con un'altra sorpresa: la ricomparsa dell'acqua sul letto del fiume! Davvero emozionante.

Siamo quasi al 4° Km di percorrenza, e raggiungiamo una nuova biforcazione. Qui si deve fare molta attenzione nel non sbagliare: infatti non si deve mantenere la sinistra, dove è presente l'acqua che proviene dal Pellegrino questa volta, ma si prende il corso a destra che per la seconda volta è asciutto, e si prosegue. 
Poco più avanti di tanto in tanto l'acqua ritorna a tratti creando piccole pozze, canali, aree acquitrinose, e si deve far attenzione nuovamente a non perdere l'itinerario corretto non inoltrandosi in avvallamenti e canali che non siano quello principale. La zona in cui ci troviamo è chiamata "Capi di Rosa", e qui molti altri canali defluiscono andando ad alimentare appunto il Fiume Rosa; inoltre siamo prossimi alla nostra meta, mentre ormai è la faggeta a farla da padrona.
Una volta mantenuto tale percorso si raggiunge lo snodo tanto famoso di Varco del Palombaro: luogo che permette di raggiungere Buonvicino, Sant'Agata di Esaro e la stessa San Sosti, oltre che, per chi ha un buon passo, località escursionistiche di tutto rispetto come Pietra Portusata, Tavola del Brigante, Campicello, il Campo e Sasso dei Greci. Per non parlare del panorama che si ottiene osservando il gruppo della Montea, che alta e fiera osserva dai suoi 1.825 m con il suo anfiteatro, buona parte della Valle del Rosa. Varco del Palombaro è stata di recente sottoposta al taglio, e non voglio dilungarmi su questo avvenimento, se non dicendo che probabilmente questo era uno di quegli interventi da evitare.
 
Siamo comunque giunti, dopo circa 7 Km a destinazione, e per questa volta proseguirò il rientro per lo stesso itinerario. Spero presto di poter fornire qualche altra opzione per compiere un largo anello!

Alla prossima con Alla Scoperta del Pollino sempre Passo dopo Passo.
Contattami qui se vuoi segnalarmi qualcosa, o per altre informazioni o per poter essere accompagnati in questi luoghi e conoscerne molto meglio le leggende, la natura e la storia. Oppure se hai avuto modo di compiere questo percorso commenta con la tua esperienza personale o le tue impressioni! 
​

Scrivimi per organizzare la tua escursione!
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    Sono sempre stato un appassionato di escursionismo e ho sempre sfruttato ogni momento disponibile per poter girovagare sulle montagne vicino casa.
    Oggi mi ritengo uno dei fortunati che è riuscito a fare della sua passione un mestiere. Qui racconterò alcune delle meravigliose esperienze vissute nell'area protetta più grande d'Italia
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