Alla Scoperta del Pollino
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Il Carnevale di Alessandria del Carreto - I Pulcënëllë e l'Uerse

2/19/2023

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"La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere
viva una fiamma
"
J.L. Jaures

Raggiungiamo Alessandria del Carretto dopo la nostra escursione alle pendici di Timpone della Neviera, tra panorami e paesaggi caratteristici di quest'area del Parco Nazionale del Pollino. Luogo dove abete bianco e la ginestra odorosa convivono e si scambiano il ruolo di protagonisti con il passare delle stagioni. 

Il nostro obiettivo ora, è assistere prima alla vestizione delle maschere del Carnevale Tradizionale di Alessandria, e poi al Carnevale stesso: un rito antico e unico. Scendiamo verso Palazzo Chidichimo, luogo dove si svolge questa prima fase e da dove poi partirà la sfilata vera e propria. 
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Il momento del travestimento è un vero rito, scandito da fasi rigorose e sequenze di gesti che solo gli interpreti conoscono fino a fondo. Gli sguardi, i sorrisi e le intese di questo momento rimarcano quel forte legame e la forte empatia tra chi è addetto ad aiutare e colui che interpreterà il ruolo della maschera: il Pulcënëllë bielle. ​
Completata questa fase lunga e articolata, i due primi Pulcënëllë escono dal palazzo ed iniziano, tra i suoni dei loro campanacci, le musiche delle zampogne e dei tamburelli, i loro passi di danza e i movimenti del loro “scruiazzo" (il loro bastone di legno con attaccate all'apice da un filo, delle palline di lana) ad animare la folla. Subito dopo inizia la sfilata per andare a recuperare tutti gli altri Pulcënëllë che nel frattempo si sono preparati nelle case. Questo è uno dei momenti più belli. Tra fotografi, videomaker e curiosi, ci sono tanti abitanti del posto che seguono festosi i loro Pulcënëllë, stradina dopo stradina, tra pause per ballare e festeggiare. Tutti li "inseguono" e provano a stare in testa alla colonna di persone insieme a loro. 

Passiamo così di casa in casa finché tutti i Pulcënëllë bielle non sono riuniti, ed è qui che iniziano a danzare a ritmo di musica popolare, che i suonatori intanto, mai hanno fatto fermare. I colori sono stupendi, tra campanellini, nastri, spille, medagliette, fasce e teli di tutte le forme, tonalità e dimensioni che si muovono al ritmo dei loro balzi. E' un momento pieno di significati, e che tra gli altri, scandisce un tempo che ricorda a tutti l'arrivo della primavera. 
​Quando tutto sembra un momento di gioia e festa ecco all'improvviso arrivare la loro antitesi: il Pulcënëllë brutte, "l'Uerse". Vestito con una pelle nera, catene, campanacci e corna. Questa, che personifica il male e la parte negativa della storia raccontata da questi costumi, arriva correndo e lanciando cenere mentre altre figure vestite di nero provano a tenerla bloccata con le catene a lui legate. E' di per sè un momento che crea confusione e caos nello spirito della festa e dello scherzo. Tanti sono i "colpiti" dalla maschera che sparisce e ricompare all'improvviso proprio creando il disordine tra la folla, fino a quanto all'ultimo "attacco", l'Uerse viene definitivamente catturato e portato via per poter continuare a ballare e festeggiare insieme. 

Un rito stupendo, dove è chiaro ed evidente l'orgoglio e la voglia di partecipazione di tutti gli alessandrini. Un momento recuperato dopo gli stop forzati degli ultimi anni, e dove la vera essenza, dai costumi alla manifestazione stessa, è data dalla semplicità (solo apparente in realtà). Caratteristica che rispecchia pienamente l'originalità e la tradizione rimasta integra nel tempo. Un momento di vera festa condiviso da tutta la comunità e che ha radici antichissime, come particolare è la cultura e l'aspetto antropologico di questo paese incastonato nel versante più orientale del Pollino.

Un evento che suggerisco a tutti di vivere almeno una volta per entrare a far parte della comunità di Alessandria del Carretto e del suo retaggio ancestrale almeno per un giorno.
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I miei articoli su Posti e Pasti

2/1/2023

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Ho intrapreso una piacevole collaborazione con il Blog Posti e Pasti, una realtà digitale che mette insieme Guide Turistiche delle varie Regioni d'Italia e il territorio che conoscono e raccontano ai visitatori che accompagnano. 

Utilizzerò questo spazio sul mio blog per aggiungere articolo dopo articolo i link dei miei contributi così che siano a portata anche di chi decide di visitare il mio sito web. La serie da me realizzata avrà come prima parte del titolo il nome di "Calabria: Terra da Vivere".

Buona Lettura!

Orsomarso, Scrigno di Meraviglie

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Cerchiara di Calabria, il Paese del Pane

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Un Capolavoro Angioino a Scalea

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La Monaca, miniere antiche

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La Mitica 
Sybaris

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Trekking dell'Anello di Colloreto

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Mormanno e il Faro di Montagna

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Trekking di Castel Brancato

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I Laino gemelli del Fiume Lao

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Il Valico di
​Campotenese

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Trekking dell'Anello di Masistro

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Aieta, Casa del Rinascimento Calabrese

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Trekking dell'Acereta di Monte Sparviere

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Altomonte, il borgo Angioino

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Trekking nella Valle del Lao

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Tortora e il Portale dello Zodiaco

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Trekking dell'Anello di Novacco

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L'Eremo di San Nilo a Orsomarso

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I Pulcënëllë e l’Uerse di Alessandria del Carretto

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Nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini

9/10/2022

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"Che cos'è fata, che tu mi chiami fata? E tu sei fatto come io sono".
Guerrino detto il Meschino, Libro V Cap. 145 di Andrea da Barberino

La sera prima dell'escursione, durante il viaggio di arrivo, siamo accolti dal Massiccio del Redentore e dall'estesa Piana di Castelluccio. Diretti verso il nostro camping, proprio al confine tra le due Regioni, si concretizzerà l'immagine che per me sarà quella simbolicamente più densa di significato di questo sopralluogo: proprio al fianco dei segnali stradali che indicano il passaggio di confine, vi è una pecora che ha evidentemente da poco partorito, intenta a recuperare le energie brucando l'erba intorno a sé; di fianco a lei, uno a sinistra e uno a destra, ecco sbucare i due agnellini appena nati; alla mia mente, mentre osservo quell'immagine così straordinariamente casuale, viene immediatamente spontaneo associare i due giovani animali ai due nomi scritti poco più in là. Diventano così, Umbria e Marche. E' una scena che credo rimarrà indelebile nella mia memoria.
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La sveglia del mattino, avviene con la pioggia che picchietta il nostro copri-tenda, e il dubbio della validità della giornata, attentamente valutata sui vari meteo, si insinua. Fortunatamente tra il tempo impiegato per fare colazione e quello di avvicinamento, le nuvole decidono di passare di tanto in tanto sulle nostre teste, senza nessun goccia.

Arriviamo a Forca di Presta, e partiamo alle 8.45 seguendo l'itinerario E15 per Monte Vettore, Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Percorso decisamente differente rispetto a quelli a cui sono abituato: senza nessun tratto all'ombra per tutta la durata dell'itinerario; di fronte a noi la cresta che risale verso il Redentore e praterie d'alta quota insieme al vento che, anche con raffiche molto forti, ci farà compagnia per tutta la giornata. Ed onestamente, visto quanto detto poco su, a conti fatti, non so ancora se sia stato meglio che non l'aver avuto una giornata priva di questo elemento!

Si sale con costanza, e sempre più impressionante è l'estensione dell'Altopiano di Castelluccio, che ad ovest si apre man mano che si sale di quota. La vista diventa ancor più suggestiva all'altezza della Valle Santa, un canale che discende nettamente verso valle proprio in direzione dell'Altopiano.

Giungiamo a poca distanza dal Vettoretto (2.052 m), su cui passerò durante il tratto di ritorno per la mia curiosità di panorami, e in lontananza compare il Bivacco Tito Zilioli (Tito Zilioli), ricostruito dopo il terremoto del 2.016 a disposizione degli escursionisti con una parte sempre aperta, ed una utilizzabile tramite prenotazione, per potersi rifugiare nelle emergenze o per poter pernottare al meglio in quota. Si vede benissimo anche il percorso che conduce al bivacco, un punto marcatamente più acclive è stato adeguato con una scalinata dotata di grandi pali in legno. Percorriamo questo tratto che ci separa dalla struttura e una volta arrivati uno snack è necessario, e la foto è di rito.

Saliamo poco sopra il Bivacco riprendendo il cammino, e il nostro sguardo si amplia sul Vettore verso Nord Est, mentre a Nord Ovest sulle pareti est di Cima del Lago (2.442 m), Redentore (2.448 m) e Pizzo del Diavolo (2.410 m): uno spettacolo puro della natura; alla loro base è localizzato il Lago di Pilato, tappa del nostro percorso di rientro.
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Qualche passo più avanti verso la risalita e ancora stupende sorprese: la stella alpina dell'Appennino (Leontopodium nivale), la genzianella di Colonna (Gentianella columnae) specie presente anche nel territorio del Pollino, e poco più giù il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) in veste autunnale con ancora qualche frutto!
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Ci spingiamo verso la cima e più saliamo più le raffiche di vento aumentano, ma non tanto da impedire la risalita. Io, Marco, Ilaria e Micaela siamo ben decisi ad arrivare sulla vetta, tant'è che dopo qualche altra breve pausa, verso le 12.00, raggiungiamo la cima del Monte Vettore, la più alta del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, con i suoi 2.476 m, e tutti lì a prendere in faccia il forte vento da nord ovest, ma a gustare il panorama dal Mar Adriatico fino al Massiccio del Gran Sasso con il Corno Grande, passando per tutto l'intorno. Foto anche qui di rito e si riscende dopo una breve pausa.
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Arrivati verso i 2.250 m di quota ci dirigiamo verso la località "Le Roccette", dove si trova il passaggio per il Lago di Pilato. Mentre scendiamo ci troviamo davanti le maestose pareti est del Redentore e delle cime a lui prossime, con l'evidente circo glaciale a rendere lo scenario imparagonabile: quasi ad ogni passo di avvicinamento c'è uno sguardo di riverenza nei confronti di questi bastioni rocciosi.

Ci inoltriamo sempre più, e appena svoltato a destra e raggiunto un punto dove è visibile il Lago ci fermiamo. Effettivamente, nell'unico lago naturale delle Marche, non c'è praticamente più acqua, se non una pochissima quantità nella conca più lontana rispetto alla nostra posizione. Nonostante tutto, rimane uno spettacolo. Ci fermiamo lì, in questo luogo simbolo del Parco, tra foto e semplice contemplazione per diverso tempo, e poi quasi con dispiacere decidiamo sia giunta l'ora di tornare e dare le spalle a questo scenario.

Ritorniamo sui nostri passi fino al Rifugio Zilioli, dove alle 14.00 pranziamo, prima di intraprendere la discesa sempre panoramica. Ormai rispetto alla mattina non c'è quasi più nessuno, tutti sono corsi su e poi sono ritornati alle auto; la cosa non mi dispiace affatto.
Quasi arrivati alla fine del percorso, questa terra decide di regalare a noi "stranieri" un altro momento magico, una scena antica: un gregge di pecore ci attraversa la strada con calma, quasi come se non fossimo lì presenti; il cielo si apre e il sole illumina gli animali seguiti dai cani e dal pastore che li accompagnano verso il termine della loro giornata.
Per me il cerchio si è chiuso, dopo gli agnelli incontrati il giorni prima, i Monti Sibillini ci salutano così.

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Progetto "Eremita"

8/7/2022

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II ed.

Dal 4 al 7 Agosto si è svolto il 2° Campo del Progetto Eremita.

A tutti gli effetti questa è stata la mia prima esperienza di campo speleo propriamente detto, e credo che sia utile fissarla qui, con un piccolo resoconto. Così come ancora molto limitata è la mia esperienza in questa ampia e complessa disciplina, dunque ritengo un bene continuare a conoscere di più, e ricordare le cose fatte. 

L'obiettivo primo di questo campo è stato quello di rendere più comodo l'accesso all'inghiottitoio indagato, cercando di mettere in sicurezza l'entrata e disostruire rimuovendo quanto più materiale possibile, con la possibilità eventuale di esplorare l'interno alla ricerca di nuovi possibili ambienti.

Il primo giorno di scavo effettivo è stato giorno 5 Agosto: una squadra di cinque persone, ha rimosso una grande quantità di terra, pietre e legna, concentrati nella parte sinistra della cavità. Il materiale che ora è stato utilizzato per definire una specie di sentiero che conduce al sito, era stato posto inizialmente in quell'area e utilizzato per un muretto di sostegno, ma già rimosso dall'entrata. Giornata spesa quindi, per un lavoro di "recupero".

Il venerdì pomeriggio con i nuovi arrivi, il campo si è arricchito e ricaricato per il giorno successivo, che ahimè, mi ha visto assente. Il lavoro di giorno 6 Agosto è stato davvero notevole. Molta altra terra e pietre, oltre che massi più grandi, sono stati rimossi dallo spazio di entrata; un grande lavoro di squadra che ha permesso di scendere ancora, ed ampliare la zona davanti all'entrata, sempre più imponente.
Il pomeriggio ha visto una serie di attività differenti che hanno permesso a qualcuno di riposare con una passeggiata che ho guidato al Belvedere del Malvento; un altro gruppetto ha fatto da supporto invece a chi di noi ha voluto continuare ad intervenire attivamente rimuovendo un masso più grande incontrato nella mattinata.
Vedere ora tutto lo spazio liberato al di sotto della parete di roccia che accoglie all'arrivo, rende il primo impatto ancora più affascinante. 

Domenica 7 Agosto, nuovamente assente, i lavori si sono conclusi con la stessa azione svolta il giorno precedente, prima di rimettere in sicurezza il sito, fare il punto della situazione e progettare indicativamente il terzo campo.

Un pensiero si è reso evidente già il secondo giorno e concretizzato in quelli successivi: lo spirito con cui si muovono gli uomini e le donne che praticano queste attività è fortemente intriso di passione per una disciplina che garantisce con certezza solo l'ignoto. In direzione di questo vi è racchiuso un mondo che trova condivisione della fatica e del lavoro per uno scopo comune, senza nulla chiedere in cambio. Con Gradozero abbiamo chiesto aiuto e abbiamo ricevuto una pronta risposta da persone che ho avuto la fortuna e il piacere di incontrare, e con cui ho passato questi giorni. Quello che si ottiene in cambio sono le esperienze che si creano e le relazioni che si instaurano con persone che hanno tutte almeno un filo conduttore che in questo caso è decisamente la speleologia.

Complimenti davvero, e grazie!
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Il Pesce Fossile di Latronico

5/21/2022

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Ricercando informazioni sull'area del Pollino, sono talmente tanti gli spunti e le possibilità che spesso perdiamo di vista delle peculiarità che il territorio ha in serbo per noi. Una di queste è sicuramente l'importante fossile presente in contrada Solarino di Iannazzo nel Comune di Latronico (PZ). 

Alle pendici del complesso montuoso di Monte Alpi, per la prima volta nel 1.982 e successivamente nel 1.996, è stato segnalato e studiato ciò che gli esperti avrebbero classificato come un esemplare di Istiophoridae del genere Makaira, più noto come marlin azzurro o pesce vela, una specie tipica delle acque tropicali, sub tropicali e temperate di tutto il mondo ben nota ai pescatori.
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Il sito è molto facile da raggiungere attraverso un apposito sentiero, e permette di arrivare a tu per tu con i resti fossili citati, appartenenti ad un esemplare lungo 235 cm e alto 95 cm, risalente a circa 30 milioni di anni fa quando come ben sappiamo il nostro Pollino era ancora sommerso dalle acque e sarebbe successivamente emerso da queste.

In dettaglio: "La regione cefalica si presenta schiacciata con spostamento dei frammenti delle ossa craniche; le vertebre, del diametro di 3-4 cm, si rinvengono pressappoco in posizione; sono presenti due pinne dorsali e di una pinna centrale; la regione caudale si presenta con la pinna superiore più sviluppata e con ispessimento delle vertebre caudali".

Facendo poi ben attenzione alla grande lastra di roccia dove è presente questo importante reperto, appaiono evidenti anche numerosi altri resti: vertebre di cetacei, vertebre e squame di pesci, lamellibranchi ed echinidi.
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    Sono sempre stato un appassionato di escursionismo e ho sempre sfruttato ogni momento disponibile per poter girovagare sulle montagne vicino casa.
    Oggi mi ritengo uno dei fortunati che è riuscito a fare della sua passione un mestiere. Qui racconterò alcune delle meravigliose esperienze vissute nell'area protetta più grande d'Italia
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