Quella di voglio parlare in questo breve articolo è una località posta nel territori di Castronuovo di Sant'Andrea (PZ), denominata: Fosso dello Strittolo. Sono venuto a conoscenza di questo itinerario grazie ad un post sulla pagina del MIG Museo Internazionale della Grafica inviatami come nuova meta da esplorare, da chi ogni tanto mi accompagna nei miei sopralluoghi. Ho praticamente colto la palla al balzo.
Grazie alla disponibilità di Silvano Di Leo (tra le altre cose un agricoltore custode appartenente al progetto Itinerari della Biodiversità con l'ALSIA a cui rimando al link della sua attività: Arte in Orto ) abbiamo calendarizzato l'escursione e ho potuto scoprire questo luogo incassato tra le pareti di conglomerato che nei migliaia di anni il torrente ha accumulato strato su strato. La vegetazione, gli scenari scavati dall'acqua nel fosso, la fauna che lo abita, l'acqua che proviene lateralmente da altre fonti che modella ancora a tratti le pareti laterali e la storia che lo circonda, rendono sicuramente questo luogo meritevole di attenzione.
Si parte nei pressi della Taverna, una struttura settecentesca diventata appunto taverna con annesso mulino proprio all'entrata del Fosso dello Strittolo, posta su un'antica via di comunicazione che proseguiva attraverso il Bosco di Magrizzi-Cielagreste, ora foresta regionale, verso Calvera.
Ci siamo quindi addentrati subito lungo il Fosso che diventa ricoperto da muschi mentre piante rampicanti, prevalentemente edera e vitalba discendono dall'alto, alternandosi alle parti nude in cui si notano i conglomerati cementati lungo le sponde della gola che il corso d'acqua ha con lentezza e costanza scavato, con dei tratti anche molto profondi. Qui gli occhi continuano a meravigliarsi tra i giochi di luce e di alternanza tra acqua e vegetazione, oltre che a restringimenti e ampliamenti del letto in cui si cammina, e che per più volte obbliga a mettere i piedi interamente in acqua, così come alcuni tronchi schiantati lungo il corso del torrente rendono il percorso più suggestivo.
Silvano mi racconta delle peculiarità che ha di volta in volta incontrato percorrendo il fosso e conferma l'importanza naturalistica dell'area che lungo tutto questo tratto si lascia percepire senza troppi dubbi. Si notano di tanto in tanto concrezioni calcaree che lasciano individuare lo scorrimento più o meno evidente di acqua che raggiunge da altri percorsi il fosso, così come sono presenti, tra la vegetazione dominante di querce, begli esemplari di pioppo nero e carpino (probabilmente bianco).
Si risale di quota senza accorgersene e pian piano le pareti si abbassano e iniziano a lasciare spazio ad un letto più ampio fino alla presenza di un piccolo rivolo d'acqua e alla sua conseguente scomparsa totale.
Prima di una sua diramazione, c'è l'uscita dal Fosso, con una salita breve ma impegnativa che conduce in piena querceta con un sottobosco totalmente ricoperto da pungitopo. Si raggiunge una fontana ormai non più in funzione dell'Azienda Foreste Demaniali, e poi alla Caserma Forestale di Magrizzi dove pranziamo, e più precisamente dove Silvano mi fa assaggiare il peperone bianco di Castronuovo di Sant'Andrea e i pomodorini gialli costoluti di Castronuovo di Sant'Andrea componendo un piatto tipico: l'insalata gialla e rossa di Castronuovo di Sant'Andrea che mi dice qualcuno completa con un po' di baccalà. Buonissima!
E' un'esplorazione che mi ha permesso di ammirare il corso integro della natura in un ambiente particolare. Molta riflessione c'è da porre sulla sua eventuale fruizione, rispettando al massimo la naturalità del luogo e prendendo in considerazione tutti i rischi derivanti dalla conformazione del sito e frequentandola limitatamente e con le dovute precauzioni (sicuramente non adatta ai poco esperti). Sicuramente una chicca da tutelare ai confini nord del Parco e un'altra piacevolissima scoperta.