"La montagna chiama e devo andare".
John Muir
Partiamo con un pò di ritardo sulla tabella di marcia per diversi inconvenienti: male. Quando capitano questi imprevisti prima di un'escursione così importante non è mai una cosa piacevole, soprattutto per il ritardo stesso. Le nuvole sembrano concenderci il cielo, ma dopo aver da poco iniziato la risalita dall'IPV1 ci accorgiamo che era solo illusione.
La Cresta Sud del Dolcedorme, nostra via di risalita, intorno ai 1500 m si immerge nelle nuvole autunnali che ci attendono.
Deviamo dall'itinerario definito come IPV1 per continuare nel percorso verso la vetta, proseguendo sempre in salita e raggiungendo diversi punti panoramici: sotto di noi il mondo si distende. Incontriamo anche i primi Pini loricati, che si sono appropriati da tempo della dorsale. D'un tratto mentre riprendiamo fiato sotto uno di essi, ormai tra nuvole e nebbia, sembra iniziare a piovere.
Osservo intorno, e con gran sorpresa e sollievo, non è pioggia, ma sono gli stessi pini che stanno rilasciando l'acqua dai loro aghi per l'eccessiva umidità dell'aria: sembrano quasi piangere, e la mia mente si mette a fantasticare per tutto il tempo della pausa. Uno spettacolo ancora mai visto prima.
Riprendiamo dunque la nostra risalita e il percorso da qui in poi si fa davvero duro: passaggi da fare con attenzione anche aggrappandosi alla nuda roccia, resi un po' più complessi dalla notevole umidità che la bagna, così come bagna il resto della vegetazione; la nebbia seppur non molto fitta inoltre non permette di avere punti di riferimento in alto da poter seguire. Nonostante questo, e alle volte la mia precaria posizione, di fronte ad alcuni loricati, mi fermo come posso per poterli osservare al meglio prendendomi del tempo.
Nell'ultimo tratto arriviamo presso un canale morenico molto ripido e stretto, che superiamo con attenzione e senza fretta, assicurandoci di avere un appoggio sicuro prima di proseguire.
Finalmente, dopo quattro ore di risalita costante, eccoci premiati arrivando sull'ultimo tratto di cresta della serra; più in là, man mano che ci avviciniamo compaiono nella foschia il cumulo di pietre che indica la cima, e la cassetta con il libro di vetta. Intorno vi è ancora della neve, anche se ormai poca, e soprattutto sul versante esposto a Nord.
Il vento inizia anche a sferzare più forte, spingendoci contro le nuvole che ci bagnano al posto della pioggia.
Firmiamo il libro di vetta e, mangiato un panino al volo, ci dirigiamo subito più in basso, pensando di ritornare dal sentiero del Varco di Pollinello, dopo aver trovato un luogo più adatto per il pranzo. Tuttavia al Passo del Malvento, proseguiamo invece verso Monte Pollino per poi continuare in direzione del Patriarca: un incontro così, dopo un'escursione del genere e le sensazioni provate, sembra l'incontro con qualcuno di caro che può rincuorarti e offrirti un posto asciutto e qualcosa di caldo. In un certo senso, dentro è così.
Troviamo qui il luogo adatto, e ci prendiamo del tempo per riposare e per finire i nostri panini con calma, mentre le nuvole e la nebbia sembrano aprirsi un po'.
Salutato il grande pino, riprendiamo il noto itinerario che ci porta a Pollinello prima, e poi a Celsa Bianca sempre circondati dalla nebbia che non lascia mai un minimo di panorama ai nostri occhi.
Solo intorno ai 1.300 m le nuvole, ormai sopra di noi, ci lasciano un po' di tregua. Dopo averci precluso il panorama dall'inizio alla fine, quando ormai siamo giunti all'auto, ci beffano un'ultima volta mostrandoci la vetta del Dolcedorme, dove eravamo solo qualche ora prima, ben illuminata dalle ultime luci del sole.