"Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo"
Cesare Pavese
L'itinerario di andata, seguendo un sentiero che si mantiene lungo uno dei canaloni che alimentano Valle Cupa, è in costante salita, ma molto interessante e piacevole nonostante il dislivello affrontato.
Affascinanti sono i panorami che di tanto in tanto compaiono alla vista, e man mano che procedevamo lungo il percorso abbiamo realizzato quanto ancora c'è da poter scoprire di quest'enorme area protetta: luoghi unici, incantati e così vicini ai nostri paesi da non poter sembrare vero, quasi come se ci fossero dei varchi nello spazio che modifichino le distanze e la loro percezione.
I nostri anziani concittadini, nonni compresi, usavano l'esclamazione del titolo di questo post come a voler dire che la catena del Pollino tenesse in ostaggio la nostra comunità, ma a vederlo "da giù" si intuisce solo lontanamente quanto si è piccoli e quanto ogni altura, picco o valle ne nasconde di altre e di altre ancora.
Giungiamo tra orchidee, farfalle, pini loricati e fioriture di gigli rossi mai così abbondanti fino a Piano Pallone (1.542 m s.l.m.), una distesa d'erba verde che lascia estasiati e che permette poi allo sguardo di lanciarsi verso la Valle del Coscile e il suo circondario da un lato, e al crinale del Dolcedorme e della Manfriana dall'altro: uno spettacolo unico.
Qualche decina di minuti per godere del luogo in cui siamo arrivati, fare qualche foto, osservare intorno a noi. Poi si decide di fare un allungo fino alla Grotta della Manfriana prima di pranzare e riprendere la discesa: detto fatto e lungo il percorso un altro colpo di fortuna, trovando delle fragole di bosco che penso ricorderò per molto tempo con il loro sapore dolce e deciso, una bontà.
Ritorniamo dunque a Piano Pallone e dopo aver consumato il nostro pranzo, e aver trovato una vescia di dimensioni notevoli (in foto), si inizia la discesa lungo un percorso questa volta non evidente come il primo, tutt'altro. Ci orientiamo grazie alla carta e alla sua lettura, mantenendoci alla sinistra di quello che poi diventerà Vallone Grande. Superiamo un bel bosco di giovani querce, e man mano che la discesa continua cambia l'ambiente intorno a noi; solo una cosa rimane quasi fino alla fine: le splendide fioriture di giglio rosso (Lilium bulbiferum) e cefalantera rossa (Cephalanthera rubra).
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Raggiungiamo così la Masseria Quercia Marina e il frinire delle cicale ci stordisce per quanto forte e per quanti esemplari sono presenti nella Petrosa lungo l'ultimo tratto del percorso che percorriamo, chiudendo così l'anello, come sempre soddisfatti della splendida nuova escursione vissuta.
Eh si, non c'è che dire: ce n'è munno arrito a Puddino!